Acqua Tavina prende nome da un’antica leggenda legata alle ninfe, antiche divinità legate alla natura, in questo caso ad acque, sorgenti e fonti. Create allo scorrere vivo dell’acqua, dalla sua magia e dalla sua forza, si dice che un tempo risiedessero nella baia del Lago di Garda.
Tra le colline che abbracciano a sud il golfo di Salò, scorrevano un tempo chiari ruscelli che scendevano gorgogliando a valle, dove abitavano driadi e ninfe acquatiche. Tra di esse la più incantevole era Tavine, corteggiata da tutti gli dei, tra i quali Benàco, il dio del Lago di Garda. Nel poema “La coltivazione degli orti” di Giuseppe Milio Voltolina è descritta così:
"La coltivazione degli orti" di Giuseppe Miglio Anno 1564
Benàco cominciò, dunque, a corteggiarla, ma Tavine si dimostrò indifferente alle sue lusinghe perchè innamorata del giovane pastore Cisso. Quando Benàco scoprì che la nifa incontrava il pastore tutti i giorni nel bosco, fu travolto da una rabbia cieca e, gelosissimo, trafisse Cisso con il tridente uccidendolo. Tavine, dopo aver visto morire l’amato pastore, decise di morire a sua volta, uccidendosi con il coltello dell’amante. Ma gli dei ebbero pietà di lei e la fecero addormentare profondamente.
I suoi piedi, lentamente, si trasformarono in radici fissandosi al suolo, il suo corpo divenne un tronco, le braccia rami sottili e i suoi lunghi capelli si gonfiarono, mutandosi in verdi fronde. Così Tavine si trasformò in un salice. Nello stesso momento le spoglie ancora sanguinanti di Cisso mutarono in rami di edera che si avvinghiarono al novello albero di salice. In questo modo, sotto queste nuove spoglie i due innamorati rimasero uniti per l’eternità e nessuno potè più dividerli.
